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Cultura e Spettacolo

Tante cerimonie per ricordare il terremoto del 1693: una ferita aperta nella storia siciliana

by Redazione 12 Gennaio 2013 767 3 min di lettura
 Tante cerimonie per ricordare il terremoto del 1693: una ferita aperta nella storia siciliana

“All’unnici ‘i jinnaru a vintin’ura, fu ppi tuttu lu munnu na ruvina. Piccili e ranni sutta li timpuna, ricennu “Aiutu” e nuddu ci ni rava”. Inizia così un canto popolare che fa rivivere, utilizzando il dialetto siciliano, una delle pagine più drammatiche della storia siciliana. Preceduto da una prima scossa sismica avvenuta alle 3,45 della notte del 9 gennaio 1693, lo sciame continuò fino alla scossa più devastante delle ore 13,30 dell’11 gennaio. In seguito lo sciame sismico con le scosse di assestamento, alcune delle quali anche abbastanza forti, durò per circa due anni. La scossa delle 13,30 fu di magnitudo 7,4, XI grado della scala Mercalli, con epicentro localizzato al largo della costa della Sicilia Orientale. Subito dopo questa scossa un maremoto investì la costa ionica siciliana, com’era già successo con il terremoto del 1169. Indagini recenti stanno cercando di definire la sorgente delle scosse telluriche e l’ipotesi più accreditata è quella del sistema Ibleo-Maltese, anche sulla scorta delle evidenze del maremoto. Gran parte delle città e dei paesi della Sicilia centro-orientale fu distrutta con un numero enorme di vittime. A Modica, su 18203 abitanti, ne morirono 3400, a Ragusa, su 9946 abitanti persero la vita 5000 persone, a Vittoria su 3950 i morti furono 200, a Scicli le vittime furono 2000 su 9382 abitanti, a Spaccaforno, l’odierna Ispica, decedettero 2.200 residenti su 7987, a Giarratana su 2981, non si salvarono 541 abitanti e infine a Monterosso Almo perirono 232 su 2340 persone. Di altri paesi come Santa Croce Camerina non si hanno cifre certe, anche se sicuramente ci sono state delle vittime. Ancora oggi, a distanza di 319 anni da tal evento, la memoria popolare non dimentica i lutti di quei giorni e svariate cerimonie ricordano in ogni paese di questo lembo di Sicilia quei momenti. L’uscita del fercolo di un Santo, il suono dell’organo, il rintocco delle campane, la processione, sono testimonianze di un ricordo indelebile. Da quel tremendo terremoto partì una nuova pagina della storia iblea. La ricostruzione dei paesi, la riedificazione delle chiese, il ritorno graduale alla normalità del vivere quotidiano, segnarono i primi decenni del nuovo secolo, il 1700. Da allora il Barocco prese il sopravvento su tutti gli altri stili architettonici ed etichettò per i secoli a venire tutta la Val di Noto.

 

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