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“Sanità inefficiente e maleducata”: il caso di Giuseppe Cocuzza nella lettera della figlia Pina

by Redazione 6 Febbraio 2013 456 4 min di lettura
 “Sanità inefficiente e maleducata”: il caso di Giuseppe Cocuzza nella lettera della figlia Pina
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Da parte della signora Pina Cocuzza, riceviamo e pubblichiamo una lettera denuncia nei confronti dell’equipe medica e paramedica del reparto di cardiologia dell’ospedale Maria Paternò Arezzo di Ragusa Ibla. La signora e la sua famiglia hanno dovuto affrontare un episodio di “malasanità”: un insieme di negligenze, superficialità ed anche un pizzico di maleducazione. Una autentica disavventura, cosi come la racconta nella lettera fatta arrivare agli organi di stampa. Vittima suo padre, un uomo di ottant’anni che adesso sta riprendendosi ma che è arrivato a toccare il punto di non ritorno. Ecco il testo integrale della missiva:

“Siamo arrivati al PS di Ragusa con mio padre Cocuzza Giuseppe che stava male, il 31 dicembre 2012. Dai controlli effettuati è emerso che aveva avuto degli episodi sincopali ed è stato ricoverato presso il reparto di cardiologia. All’arrivo è stato preso in carico dal dott Campisi, che esaminando la cartella clinica del paziente ha ritenuto che fosse indispensabile un intervento alla carotide, che otturando metteva a rischio la vita di mio padre. Intervento che viene eseguito il 2 gennaio. Tutto benissimo, almeno a parere del dott. C. che dimette mio padre, malgrado le mie perplessità, il 3 gennaio 2013 alle 8 del mattino. Mio padre non sta bene. Il giorno successivo chiamo in reparto. Visita mio padre il  dott. R.F. che, guardando le unghie di mio padre, decide che sta così male perché ha bisogno di flebo di ferro. Nessun esame è stato fatto a supporto di quanto prescritto. Torniamo a casa con mio padre che ha qualche linea di febbre e iniziamo immediatamente la terapia ma gli facciamo anche fare un esame del sangue che evidenzia la mancanza di ferro ma anche un numero elevato di globuli bianchi che, come ci spiega il medico di famiglia, è indicativo di un’infezione in corso. La situazione precipita domenica 6. Arriviamo con un’ambulanza del 118 con mio padre in piena crisi respiratoria e febbre alta. Iniziano la terapia e sembra che vada bene almeno fino a domenica sera alle 21 quando lo lasciamo convinti che sarebbe stato dimesso il giorno successivo. Arriviamo lunedì mattino alle 7,45. Troviamo la porta della stanza chiusa. Mio padre delirante e dissociato con febbre a 40. Chiamiamo l’infermiera che chiede a noi quando ha iniziato a stare male. Alle nostre rimostranze ci è stato risposto: a) che il paziente non ha suonato il campanello; b) che noi lo avevamo lasciato senza assistenza, questo in un reparto dove i parenti sono ammessi solo per alcune ore. Per oltre un’ora e malgrado le nostre richieste nessun medico è intervenuto. Era in corridoio il dott C. che è stato da me costretto a intervenire. Per descrivere le condizioni in cui ha trovato mio padre credo di non trovare parole. Glicemia zero. Pressione zero. Non riconosceva nessuno. Ho chiamato il dott. R.F. che mi ha pregato di tenere tono bassi in quanto lui non era obbligato ad ascoltarmi essendo in ferie dal primo gennaio e in pensione dal primo marzo e che era presente in reparto solo per fare una cortesia all’azienda. Non ho parole nemmeno per descrivere i fatti accaduti nei giorni successivi quando ho chiesto che cambiassero di reparto mio padre, ricoverato da 17 gennaio in malattie infettive. Per trasportarlo altre urla. C’era l’ambulanza ma non l’infermiere. Ho chiesto al dott S. presente in reparto di salire lui sull’ambulanza o in alternativa un infermiere del reparto e finalmente andiamo via. Oggi mio padre è ancora ricoverato presso il reparto di malattie infettive e malgrado ogni giorno sia stato un dono di Dio viste le condizioni con cui c’è arrivato si è aperto un altro mondo. Infermieri disponibili e che fanno il loro lavoro. Medici con cui si può parlare ogni momento della giornata e un primario presente in reparto solo perché è il suo lavoro e non per cortesia all’azienda. Aspetto risposte da questo reclamo che invio per conoscenza anche alla stampa locale”.

Pina Cocuzza

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