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Loris, l’avvocato di Veronica contro i giudici: “Travisate le prove”

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Il silenzio sulla morte del piccolo Loris, che stranamente ha regnato negli ultimi giorni, si infrange sulle parole di Francesco Villardita, l’avvocato di Veronica Panarello. La madre di Loris, fin qui indagata per l’omicidio del figlio, è in carcere dallo scorso 9 dicembre. Anche il Tribunale del Riesame, dopo il gip e la procura di Ragusa, l’ha accusata del delitto, oltre a definirla “una lucida assassina”. Così, per ottenere la scercerazione della donna, il legale ha presentato un nuovo ricorso presso la corte di Cassazione, in cui ha riferito che “per giustificare la misura cautelare il Tribunale ha formulato una serie di congetture non suscettibili di verifica empirica e non affidabili”. Villardita, come riporta l’AGI, sostiene che “manca la certezza della gravità indiziaria”. Il giudice, secondo l’avvocato penalista, avrebbe “ignorato gli argomenti addotti dalla difesa e (…) travisato gli elementi di prova acquisiti, omettendo di prendere in esame i risultati delle investigazioni difensive favorevoli all’indagata”.

Inoltre, il difensore di Veronica Panarello rileva una “carenza di motivazione relativamente all’insussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura della custodia in carcere”. Villardita fonda le sue argomentazioni sulla perizia del professore Nello Balossino che ha esaminato le immagini delle telecamere di videosorveglianza di Santa Croce, interpretandole in modo opposto alla Procura, e negando che costituiscano evidenza del fatto che il giorno del delitto Loris non fu accompagnato dalla mamma a scuola ma risalì a casa, dove l’indagata poi lo raggiunge e lo uccise, stando alla tesi accusatoria. Nel ricorso in Cassazione si legge che “non poteva affermarsi che Panarello Veronica non avesse accompagnato il figlio a scuola” e che “dopo essere uscito assieme alla madre e al fratellino si rilevava come dalle telecamere non si poteva neanche parlare di ‘compatibilità’ in ordine al fatto che Loris sia rientrato subito dopo a casa”. Il perito eccepisce “che non si poteva neanche lontanamente ritenere che la signora Panarello, uscita di casa e dopo avere percorso la strada comunale 35 in direzione di Punta Secca, avesse imboccato la strada poderale in direzione del Vecchio Mulino”. Gran parte delle ricostruzioni della difesa della mamma di Loris si basano sul cosiddetto “allineamento” delle telecamere di videosorveglianza che non darebbero una ricostruzione esatta dei percorsi di quella mattina. E si lamenta, poi, che non sarebbero state sequestrate le telecamere “TC 20 e TC30 – quelle collocate in via Matteotti e quindi nei dintorni della scuola”.

Contestata anche l’autopsia, in ordine sia all’ora del decesso, sia alla compatibilità delle fascette stringi cavo con le ferite riscontrate: “Tale compatibilità, giudicata tale solo dopo l’acquisizione delle fascette stesse, è dato ampiamente sperato dalla consulenza a firma del professore Ricci dalla quale si rileva l’assoluta incompatibilità con le lesioni riportate”, scrive Villardita nel ricorso in Cassazione. Inoltre, il tragitto effettuato da Santa Croce al castello di Donnafugata per frequentare il corso di cucina “non poteva essere compiuto in 8 minuti”.

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