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Cronaca

“Loris? L’ha ucciso un vescovo”: mitomane scrive al padre e viene arrestato

di Redazione 29 Luglio 2015 162 4 min di lettura
 “Loris? L’ha ucciso un vescovo”: mitomane scrive al padre e viene arrestato

La polizia di Stato – Squadra Mobile – ha individuato e denunciato A. R. di anni 55 residente a Pachino, mitomane che ha organizzato una messa in scena, a dir poco incredibile, per incontrare il padre del piccolo Loris. Dovrà rispondere dei seguenti reati: calunnia, interruzione di pubblico servizio, falso materiale, sostituzione di persona ed usurpazione di titoli. L’uomo ha lasciato una lettera sul balcone di un vicino di casa della famiglia di Loris a Santa Croce Camerina al fine di farla recapitare al padre del piccolo. Il contenuto della lettera era particolarmente inquietante ma non vi era alcun elemento utile alle indagini, per altro ancora in corso.

La Polizia di Stato, al fine di fare completa chiarezza sul contenuto della lettera ed appurare l’identità del soggetto che aveva fatto recapitare la missiva, ha indagato ed è riuscita a risolvere il caso in brevissimo tempo. A. R. aveva scritto nella lettera di essere un appartenente alle Forze dell’Ordine e di voler incontrare presso la villa comunale di Vittoria il padre di Loris in un determinato giorno e fissando pure l’orario con un breve intervallo, al fine di riferire chi fosse il vero assassino.

All’appuntamento si sono presentati gli uomini in borghese della Squadra Mobile di Ragusa al fine di verificare se qualcuno si presentasse, ovviamente è stato tenuto all’oscuro di tutto il padre del bambino considerato che sta già affrontando una difficilissima situazione. La villa comunale di Vittoria è grande e vi sono sempre molte persone, ma non è stato difficile per i poliziotti individuare i soggetti sospetti. Dopo qualche minuto venivano identificati degli uomini presenti in diverse zone della villa e tra questi A. R., che gli agenti hanno notato in quanto messo in un angolo del parco intento a guardare chi entrava, come se stesse aspettando qualcuno. L’uomo, alla richiesta di fornire i documenti, inizialmente non voleva darli in quanto chiedeva il motivo. Il suo atteggiamento faceva presupporre fosse proprio lui il mitomane che aveva mandato la missiva ed è stato perquisito. Con amara sorpresa A. R. nello zaino aveva una maschera di quelle utilizzate per carnevale, una felpa con cappuccio, guanti, tuta ed una foto con tutte le generalità e gli incarichi ricoperti di Monsignor Ferraro già vescovo di Agrigento. Gli elementi acquisiti erano ancora più inquietanti, poiché non attinenti alla realtà, quindi al fine di verificare anche le motivazioni di quanto messo in atto da A. R. lo stesso veniva condotto negli uffici della Squadra Mobile di Ragusa.

L’uomo inizialmente provava a sminuire quanto commesso, poi i suoi racconti facevano di sicuro intendere che con molta probabilità soffre di qualche malattia psichiatrica, in quanto asseriva che il responsabile dell’omicidio fosse l’ex Vescovo di Agrigento Ferraro che per altro è originario di Santa Croce Camerina. A. R. ha poi ammesso ogni responsabilità, riferendo di aver compiuto i fatti, solo per poter parlare con il padre del bambino, poiché i suo sospetti, basati sul nulla, ricadevano proprio sul prelato. In pratica A. R. ha prima lasciato la lettera sul balcone di casa di un vicino del padre di Loris passando sotto l’immobile appositamente da Pachino, poi ha aspettato il giorno dell’appuntamento per recarsi alla villa di Vittoria dove attualmente lavora il padre del piccolo. Giunto alla villa, prima di essere fermato dalla Polizia, A. R. ha dichiarato che appena avesse notato il padre del bambino, avrebbe indossato i guanti, la felpa con cappuccio ed una maschera per non farsi riconoscere, al fine di consegnare la foto di Monsignor Ferraro, dovendo riferire solo che l’assassino fosse il prelato senza aggiungere altro ed andar via. Al termine degli accertamenti di rito nei confronti del denunciato, lo stesso veniva rimesso in libertà in quanto i reati da lui commessi non prevedono l’arresto, seppur è stato colto in flagranza. Il materiale trovato nello zaino dell’indagato è stato sottoposto a sequestro fino a quando non verrà ordinata la distruzione, in quanto corpo del reato.

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